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Recensioni

CHRISTIAN SINICCO,
“BALLATE DI LAGOSTA”
(DONZELLI, 2022)

di Davide Toffoli

Il libro si apre con la dedica «a Eva, / da cui la storia / ha avuto inizio». Un nome tra ancestralità e quotidianità. Una sorta di peccato originale da cui tutto sembra partire. La prima costante che salta all’occhio è l’assenza sia della maiuscola in apertura di testo sia del punto in conclusione dello stesso. D’altro canto non ci sono mai un inizio e una fine reali quando ci si muove al cospetto della poesia e del rapporto diretto con la storia, quella più intima del singolo e quella più dilaniante collettiva. Ci sono sempre un prima e un dopo destinati entrambi a tenersi stretto il proprio mistero.

Sinicco ci regala un libro di separazione e di dolore, ma anche di ascolto e di dialogo, nel quale la storia funge quasi da spina dorsale e «parte dal discorso che siamo un naufragio e ci si butta nel naufragio», puntando all’interezza.


Sinicco è una di quelle voci «spettatrici visionarie di eventi che, in quanto eventi, non spariscono ma continuano, sempre più assurdi e incontrollabili, ad accadere» (Elisa Donzelli), figlie di padri nobili come il Franco Fortini delle Sette canzonette del Golfo di Composita solvantur e, prima ancora, come il Vittorio Sereni del Diario d’Algeria. Voce impegnata e ‘ri-generante’.


In Canzone di Spalato si respirano i boati silenti della guerra nella ex Jugoslavia («Nella Torcida / c’è ancora l’eco della partita dell’Hajduk» mentre «tra le voci del mercato / suona, risuona la scritta sulle magliette / Gotovina heroj!»; oppure «all’alba / credi di sapere cosa sia la guerra / con la birra della tradizione, la Karlovačko»). Molte le presenze femminili: una ragazza serve al belvedere, «lei parla le tue lingue lavorando all’uncinetto / dal sorriso, capisce chi sei / dalla pelle»; una signora «dal completo viola»; una bambina stupita «al centro della storia».


In La processione di Ferragosto le vite dei singoli s’intrecciano con tradizioni millenarie («Marija è in ogni mattina e intona l’universo nei salmi»); tra poesia d’amore e poesia civile, si tratta di rinnovare la bellezza («non è detto che io possa tra gli olivi vedere / la bellezza – i suoi occhi, dove solo un punto è a fuoco in te, il blu – / non è detto che in un bacio si possa, amico mio, / sentire i colori effusi, tra i camini di Làstovo guardare e scattare la foto»).


Permanenze è poi sezione che esalta la già citata ricerca di interezza: ogni parola diventa scia o traccia, suono o luce «che filtra dai pini»; come suggerisce Donzelli, fiorire è verbo ricorrente; e per la chiusa, sono chiamati in causa «i fiori gialli dell’elicriso», nell’aria rarefatta di ogni universo.

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Ballate di Lagosta, che dona il titolo al volume, è uno snodo cardinale: «il privato diventa testo e quindi poesia», afferma lo stesso Sinicco; «canto un’astronomia privata di nomi / perché nulla resterà di noi / quando ce ne andremo dalla casa». È poesia delle persone che verranno e poesia delle persone che sono già state, per tornare a riflettere su quelle assenze che ci avevano colpito in apertura. Zagabria, Ubli, Pasadur sono resistenza al potere che causa sempre morte. Tra versi, scivolamenti, persistenze e frane, ci si spinge verso un sospirato approdo, mai pacifico peraltro, sempre sospeso tra amore e guerra. La bellezza è l’unica destinazione possibile: «per chi non vedrà più il crepuscolo / e non può gridare che il buio / è dissetante come un sogno, / per chi è senza futuro, / per chi è nato, / ma non ha nulla / ed è perduto e sembra nell’aria / portata dal mare, / portato da chissà dove / un incanto che è morte / canto alla memoria». Nella memoria, del resto, devono rimanere incise le diciannovemila morti «dei figli sepolti» nel Mediterraneo. Su queste rive «tutto è crollo», grido disperato: «lasciatemi qui, nella spiaggia divenuta il mio riparo / sarò una metafora dedicata al consumo, l’inquadratura / dove niente cambia, se non cambiano gli uomini». È la sfida eterna tra chi unisce e chi separa. Indelebili, già alla prima lettura, i due sonetti (di Silvestar alla figlia Sibylla e di Serena a Silvestar), poi si torna nel cuore del naufragio con La nascita di Nausicaa, oppure a prima della caduta con Canzone per Eva («dove tutto ha inizio / prima della caduta / vedere con i tuoi occhi / l’oceano senza spazio»).


Partenze e ritorni è ancora una sezione visionaria, che riesce bene a conciliare percezione individuale e sguardo civile; «rimane sui volti questo sorridere / e la tua attesa si stacca senza muoversi». Si attraversa un «sonno fitto», «la fine di un precipizio», «il suono attutito». Le vite, i gesti, le scelte sono semplici segni sulla sabbia cancellati dalla risacca. Non resta altro che l’attesa di un amore assoluto, «l’inizio d’ogni nuova dolcezza».


Ma voi non fermerete il loro canto ripropone il tema, attualissimo, dei morti nel Mediterraneo («spariti nelle onde / così tanti corpi, / sciame di stelle e nuvole di pesci»). Il rischio più grave è «l’erosione della memoria». Il grido di Sinicco scorre sottopelle: «liberateli, liberate l’Africa / da questa scienza di morte, / dai soldi dell’oblio». Siamo sagome di uomo. Continueremo a muoverci e a crescere, dopo la mareggiata.



LA CITTADINANZA DI AMBROZ


posso richiedere la cittadinanza del mondo,

eppure sono rimasto fino a mezzogiorno

a guardare lo specchio d’acqua del pozzo

e i fichi caduti dall’albero, rivestito dalla brezza

di metà mattino e non ho avuto paura

di guardare dentro di me e sapere

che significato è quello di essere vicini

a tutto ciò che è finito, compiuto

come il secchio tirato su



CANZONE PER EVA


dove tutto ha inizio

prima della caduta

vedere con i tuoi occhi

l’oceano senza spazio –

andando nelle correnti

da cui siamo lanciati

nell’orizzonte già blu

così ho ritrovato

Eva dal cuore del mare,

Eva dal cuore di mare


come il taglio nel fiordo

oltre i sentieri verdi

da un nido d’estate

vanno su verso il sole

i nostri sconfinamenti

e tutto mi porta da te

quasi frutto proibito

che si nutre del ritmo

Eva dal cuore di mare,

Eva dal cuore del mare



SONETTO DI SILVESTAR ALLA FIGLIA SYBILLA

al porticciolo di Lučica in un giorno stupendo


consumeremo come la cenere

sulla sua coscia scura e sussurrata

la menzogna che non so dissolvere

e le teologie su cui saresti nata


se comprendi l’origine del futuro

che si batte nel ventre vicino a me

i calci andranno all’attacco del muro

contro il regime di amen e lacrime


spuma tra le sue gambe e questa baia

che allatta la tua testa con il seno

o spogliati come i santi sulla ghiaia


con un pugnale di parole osceno

svuota l’oceano e conduci centinaia

di uomini bellissimi sul terreno



*

Fotografia © Eikoh Hosoe


10/05/2023

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