ILSE AICHINGER
Poesie scelte
Risposta invernale
Il mondo è fatto di materia
che esige attenzione:
niente più occhi
per vedere i prati bianchi
né orecchie per sentire
il fremito degli uccelli fra i rami.
Nonna, dove sono finite le tue labbra
per assaporare l’erba
e chi annuserà per noi il cielo fino in fondo,
quali guance si graffiano ancora
a sangue contro i muri del paese?
Non è un bosco buio
quello in cui siamo capitati?
No, nonna, non è buio,
io lo so, ho abitato a lungo
al margine, là dai bambini,
e poi non è neanche un bosco.
Marianne
Mi consola
che nelle notti d’oro
una bambina dorma.
Che il suo respiro passi accanto alla fucina
e il suo sole
già di buonora
si levi con il gallo e le galline
sull’erba umida.
Sfruttando le ore opache
Lascia la gentaglia
riposare sui campi,
nella foschia che si alza,
perché niente ti fa luce.
Sulle colline i trenini delle fiabe
ora sono chiusi,
le rape da tempo tolte dalla terra,
i bambini spariti.
I tessitori di ghirlande sono gli ultimi
a rimanere ancora,
bruciano olio nelle lucerne,
con loro si può parlare.
Scambio epistolare
Arrivasse la posta di notte
e la luna
spingesse le offese
sotto la porta:
sembrerebbero angeli
nelle loro vesti bianche
e nell’atrio resterebbero in silenzio.
Rauchenberg
Le redini,
corone sul muro,
la nuova impronta delle ombre
mi affida la strada.
Là dove il carro si copre di ruggine
vicino alla legna fradicia,
i miei cari si chinano
più leggeri sul tetto.
Alba d’inverno
Prima che i sogni arrugginiscano e si spezzino,
lascia che gli amati ne discendano,
i grandi e i piccoli,
nei cappotti grigi,
guardate qui, la via chiara, il ghiaccio.
L’ultima notte
Che cosa mai doveva venire alla luce
Se non le strie della neve,
spade ai margini dell’infanzia
e contro il bosco
i rami dei meli
che la luna impregnava di nero,
le galline di cui si fa la conta?
Fare da sé
Lascerò i miei villaggi
senza parole
e agiterò
solo la neve
aperta contro i recinti.
Dall’alto dei miei solai
osserverò i giaguari,
sentirò fischiare i lupi.
Il sole saltò via di qui,
ma i bambini
vengono aiutati a raccogliere
i denti di leone,
largo al re!
A me
Volevo riferire del lungo abitare,
dei birilli di legno rosso
sulla terrazza, degli sguardi verso il mondo.
Volevo ripetere le grida degli uomini sul ghiaccio
con precisione, come sbattevano anche i birilli,
i fiori alla finestra volevo descrivere,
come crescevano verso il sole.
Cosa ho fatto?
Prematuro
Tu non deponi per me nessuna pietra
che faccia crescere il nostro vecchio lutto,
non mi doni nessuna luce per spaventarmi
e nessuno spavento perché ci sia più luce,
e nemmeno quello straccio di malinconia
che ogni stella pretende.
Ti dai da fare col tuo trovatello
e io non ho ancora trovato
le ragazze di cera,
che stanno quiete
come Gesù nel presepe,
ancora no.
Ilse Aichinger, nata a Vienna nel 1921, è una delle grandi scrittrici austriache, i cui testi sono ormai considerati classici della letteratura in lingua tedesca. La madre, ebrea, è medico, il padre insegnante. Il romanzo d’esordio La speranza più grande (Die grössere Hoffnung, 1948) – alla cui stesura si dedica interrompendo gli studi di medicina – inaugura la letteratura austriaca del dopoguerra. Nel 1952 ottiene il Premio del Gruppo 47 per il suo racconto Storia allo specchio (Spiegelgeschichte) e conosce lo scrittore e poeta Günter Eich (1907-1972), che sposa l’anno successivo. Da lui avrà due figli, uno dei quali scrittore a propria volta. Aichinger si spegne a Vienna nel 2016.
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Testi selezionati da Consiglio gratuito (trad. di G. Drago, FinisTerrae, 2021)