VICENTE HUIDOBRO
Poesie scelte
Arte poetica
Che il verso sia come una chiave
Che apre mille porte.
Cade una foglia; qualcosa passa in volo;
Quanto guardano gli occhi sia creato,
E l’anima di chi ascolta resti a tremare.
Inventa nuovi mondi e cura la parola;
L’aggettivo, quando non dà vita, uccide.
Siamo nel ciclo dei nervi.
Il muscolo pende,
Come un ricordo, nei musei;
Ma non per questo abbiamo meno forza:
Il vero vigore
Risiede nella testa.
Perché cantate la rosa, o Poeti!
Fatela fiorire nella poesia;
Solo per noi
Vivono tutte le cose sotto il Sole.
Il poeta è un piccolo Dio.
Canzone
Qualcuno
che non sei tu
Canta dietro il muro
Lo specchio
raddoppiava la voce
E alcune stelle naufraghe
Dormivano sul tuo seno
CHI SEI
La voce che ha risposto
Veniva oltre il tuo petto
Notte
Sulla neve si sente scivolare la notte
La canzone cadeva dagli alberi
E dietro la nebbia gridavano
Con uno sguardo accesi il mio sigaro
Ogni volta che apro le labbra
Inondo di nubi il vuoto
Nel porto
Gli alberi delle navi sono pieni di nidi
E il vento
geme tra le ali degli uccelli
LE ONDE CULLANO LA NAVE MORTA
Io sulla riva fischiando
Guardo la stella che fuma fra le mie dita
Piove
Tutto è buio sotto la pioggia elettrica
La casa
vicino al mare vuoto
E tra i fili d’acqua
È appeso un nido
Dove mi sono nascosto
Sia io una stella infranta
Oppure una lucciola
Ci sono farfalle nel mio petto
E sulla canzone che sale
Una luce rende fertili i deserti
Questa allodola di neve sta morendo
UN GIORNO PARTIREMO
Le navi verso mari in sordina
La mia stella verso l’erba viva
Forse questo buio
viene da quell’armadio
IN CUI MI SONO NASCOSTO
Il cortile e la vita pieni di muschio
Dal sesto piano
scende l’ascensore meglio di un palombaro
Mari artici
I mari artici
Appesi al tramonto
Fra le nubi brucia un uccello
Giorno dopo giorno
Le piume cadevano
Sulle tegole di tutti i tetti
Chi ha sciolto l’arcobaleno
Non c’è più riposo
Morbido d’ali
Era il mio letto
Sui mari artici
Cerco l’allodola che volò via dal mio petto
Impossibile
Impossibile sapere quando quell’angolo della mia anima si è addormentato
E quando parteciperà ancora alle mie feste intime
O se quella parte se ne è andata per sempre
Oppure è stata rubata e si trova integra in un’altra
Impossibile sapere se l’albero primitivo sente ancora dentro il tuo essere il vento millenario
Se tu ricordi il canto della madre quaternaria
E le alte grida del suo rapimento
E la voce singhiozzante dell’oceano che aveva aperto gli occhi
E agitava le mani e piangeva nella culla
Per vivere non servono tanti orizzonti
Le teste di tulipano che abbiamo mangiato soffrono per noi
Il mio mandorlo parla per una parte di me stesso
Io sono vicino e sono lontano
Ho centinaia di epoche nel mio breve tempo
Ho migliaia di leghe nella mia profondità
Cataclismi della terra scontri di pianeti
E alcune stelle a lutto
Ricordi quando eri un suono fra gli alberi
E quando eri un piccolo raggio fulmineo?
Adesso abbiamo la memoria troppo stanca
I fiori delle nostre orecchie impallidiscono
A volte vedo riflessi di piume nel mio petto
Non guardarmi con tanti fantasmi
Voglio dormire voglio udire ancora le voci perdute
Come le comete che sono passate in altri sistemi
Dove siamo? In quale luce in quale silenzio?
Dove saremo?
Tante cose tante cose tante cose
Io soffio per spegnere i tuoi occhi
Ricordi quando eri un sospiro fra due rami?
Giorno e notte ti ho cercato
Giorno e notte ti ho cercato
Senza trovare il luogo dove canti
Ti ho cercato su nel tempo e giù nel fiume
Ti sei perduta fra le lacrime
Notti e notti ti ho cercato
Senza trovare il luogo dove piangi
Perché io so che stai piangendo
Mi basta guardarmi in uno specchio
Per sapere che stai piangendo e che hai pianto per me
Solo tu salvi il pianto
E da oscuro mendicante lo trasformi in re incoronato dalla tua mano
Segno e destino
Hai parlato abbastanza e non sei contento
Non ti piace mostrare le tue viscere segrete
E invece ci caschi di nuovo
Potresti e ripeti il motivo che ti irrita
Parli ti fai notare ti laceri la carne
E consenti l’accesso a occhi estranei
Vuoi spezzare le corde che ti legano agli altri
E le riannodi
Catturi l’aria la fai tua e la regali
Conquisti orizzonti e li distribuisci
Fai luce nell’ombra e la offri
Come un pacchetto di solitudini pentite della propria forza
Che funerale è questo in cui ti seppellisci
Nei cuori stranieri?
Ti esalti e ti plachi
Ti plachi e diventi freccia nel cuore
Più cieco di qualsiasi tempesta
Parli e protesti
E di nuovo parli e protesti
Diventi albero e offri le tue foglie ai venti
Diventi pietra e offri la tua durezza ai fiumi
Diventi mondo e ti dissolvi nel mondo
Oh volontà contraria ad ogni istante
Beneficio della terra e grandi freddi e grandi caldi
Ogni chicco maledizione! reca segni futuri
Un destino d’onda che deve dare il suo rumore
E morire dolcemente
Hai molto parlato e sei triste
Vorresti un paese di sogno
Dove le lune nascono dalla terra
Dove gli alberi hanno luce propria
E ti salutano con voce così affettuosa che la tua schiena trema
Dove l’aquila ti manda segnali
E le montagne ti chiamano a gran voce
E poi vorresti confonderti nel tutto
E distenderti in un riposo di uccelli estatici
In un bel paese d’oblio
Fra i rami senza vento e senza memoria
Dimentico di tutto e che tutto ti dimentichi
Vicente Huidobro nasce nel 1893 a Santiago del Cile. Nel 1917 si trasferisce a Parigi, frequentando il cenacolo dell’avanguardia internazionale; l’anno seguente è a Madrid accolto dai giovani seguaci delle nuove idee. Rientrato a Parigi, fonda varie riviste e collabora ai principali fogli letterari dell’epoca. Tornato in patria nel 1925, viaggia negli Stati Uniti e, quindi, di nuovo in Francia e in Spagna dove, nel 1936, partecipa alla guerra civile. Dopo il conflitto mondiale, si rifugia a Cartagena di fronte all’Oceano Pacifico. Muore nel 1948.
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Testi selezionati da Viaggi siderali (trad. di G. Morelli, Jaca Book, 1995)