TOMAS TRANSTRÖMER
Poesie scelte
La coppia
Spengono la lampada e il suo globo risplende
un istante prima di sciogliersi
come una pastiglia in un bicchiere di tenebre. Poi si sollevano.
Le pareti dell’albergo si gettano nel buio del cielo.
I gesti dell’amore si sono acquetati e loro dormono
ma i pensieri più segreti s’incontrano
come quando s’incontrano due colori e l’uno nell’altro fluiscono
sulla carta bagnata di un dipinto infantile.
È buio e silenzio. Ma la città stanotte
si è avvicinata in fretta. A finestre spente. Le case sono qui.
Vicinissime, stanno serrate in attesa,
una folla di volti inespressivi.
Uccelli mattutini
Avvio il motore,
il parabrezza è coperto di polline.
Metto gli occhiali da sole.
Il canto degli uccelli si oscura.
Mentre un altro compra il giornale alla stazione
vicino a un grande vagone merci
tutto rosso di ruggine
che scintilla al sole.
Non ci sono qui spazi vuoti.
Attraverso il tepore primaverile un freddo corridoio
dove qualcuno passando in fretta
racconta che lo si è calunniato
fin su in presidenza.
Da una porta sul retro del paesaggio
arriva la gazza
bianca e nera. L’uccello dell’Intero.
E il merlo si muove a zig-zag
finché tutto diventa un disegno a carboncino,
tranne i vestiti bianchi sul filo del bucato:
un coro di Palestrina.
Non ci sono qui spazi vuoti.
Stupendo sentire come la mia poesia cresce
mentre io mi ritiro.
Cresce, prende il mio posto.
Si fa largo a spinte.
Mi toglie di mezzo.
La poesia è pronta.
Dal marzo ‘79
Stanco di chi non offre che parole, parole senza lingua
sono andato sull’isola coperta di neve.
Non ha parole il deserto.
Le pagine bianche dilagano ovunque!
Scopro orme di capriolo sulla neve.
Lingua senza parole.
Cartoline nere
I
Agenda riempita, futuro sconosciuto.
Il cavo mugola la ballata senza terra.
Nevicata sul plumbeo mare. Ombre
si azzuffano sul molo.
II
In mezzo alla vita accade che la morte venga
a prendere le misure dell’uomo. Quella visita
si dimentica e la vita continua. Ma il vestito
si cuce in silenzio.
Sfere di fuoco
Nei mesi oscuri la mia vita scintillava
solo quando ti amavo.
Come la lucciola si accende e si spegne, si accende e si spegne,
– dai bagliori si può seguire il suo cammino
nel buio della notte tra gli ulivi.
Nei mesi oscuri l’anima stava rannicchiata
e senza vita
ma il corpo veniva dritto verso di te.
Il cielo notturno mugghiava.
Furtivi mungevamo il cosmo e siamo sopravvissuti.
Aprile e silenzio
La primavera giace deserta.
Il fossato di velluto scuro
serpeggia al mio fianco
senza riflessi.
L’unica cosa che splende
sono fiori gialli.
Sono trasportato dentro la mia ombra
come un violino
nella sua custodia nera.
L’unica cosa che voglio dire
scintilla irraggiungibile
come l’argento
al banco dei pegni.
Il regno dell’incertezza
La capo ufficio si sporge in avanti e traccia una croce
e i suoi orecchini pendono come spade di Damocle.
Come una farfalla screziata si fa invisibile sul terreno
il demonio si confonde col giornale aperto.
Un elmo indossato da nessuno ha preso il potere.
La tartaruga madre fugge volando sott’acqua.
Pagina di un libro notturno
Sono sbarcato in una notte di maggio
in un gelido chiarore lunare
in cui l’erba e i fiori erano grigi
ma la fragranza verde.
Son scivolato su per il pendio
nella notte ignara dei colori
mentre pietre bianche
segnalavano la luna.
Uno spazio di tempo
lungo alcuni minuti
largo cinquantott’anni.
E dietro di me
oltre le acque luccicanti come piombo
c’era l’altra riva
e quelli che dominavano.
Uomini con il futuro
al posto dei volti.
La luce fluisce dentro
Fuori dalla finestra c’è il lungo animale della primavera
il drago trasparente dello splendore del sole
corre via come un treno locale
interminabile – non siamo mai riusciti a vederne la testa.
Le ville sulla spiaggia si spostano di lato
sono disdegnose come granchi.
Il sole fa sbattere le palpebre alle statue.
Il furioso oceano di fuoco fuori nello spazio
si fa terra e diviene carezza.
Il conto alla rovescia è cominciato.
Cade la neve
I funerali si fanno
sempre più fitti.
Come segnali stradali
quando ci si avvicina alla città.
Migliaia di sguardi di uomini
sulla terra delle ombre lunghe.
Un ponte si costruisce da sé
lentamente.
Dritto, fuori nello spazio.
Tomas Tranströmer (Stoccolma 1931 – ivi 2015) è uno dei maggiori poeti svedesi di ogni tempo. Maestro riconosciuto, ammirato e imitato da grandi contemporanei come Iosif Brodskij, Derek Walcott e Adonis, ha dato vita a una poesia fondata sulla metafora attraverso ardite associazioni di elementi appartenenti ad aree semantiche lontanissime, coniugando brevità di enunciato e massima compressione linguistica. Il suo percorso poetico, lungo cinquant’anni, va dalle 17 Poesie del 1954 – esordio subito segnato da uno straordinario successo – all’ultima opera, Il grande mistero, pubblicata nel 2004. Pianista di talento e psicologo, T. ha affrontato, a partire dal 1990, la dolorosa esperienza della malattia, che ne ha limitato le capacità motorie e persino la facoltà di parlare. Nel 2011 è stato insignito del Premio Nobel per la letteratura.
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Testi selezionati da Poesie dal silenzio (trad. di M.C. Lombardi, Crocetti, 2011), La lugubre gondola (trad. di G. Chiesa Isnardi, BUR, 2011) e Il grande mistero (trad. di M.C. Lombardi, Crocetti, 2011)