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ROBERTO CARIFI
Poesie scelte

Nell’angolo più segreto


C’è sempre un graffio, una linea

che rompe i patti e li separa

finché ognuno torna

nell’angolo più segreto, diventa

mistero e forza

fecondata dall’esilio:

allora scoprono che un volto

è ancora poco, troppo poco

per essere un miracolo

e si gettano nudi

in questa piazza

dove qualcuno li cancellerà.



***


Madre scolpita nel dolore, forestiero al tuo ventre

è questo tempo che trascorre piano

cantilena del vuoto martelli le terrazze

e la dimora strascica un bianco di lenzuola,

l’orma convalescente che sbiadiva

nei cuscini dell’infanzia,

l’Angelo della veglia che fino all’alba

tace sulla soglia

ancora trema con le ali

e come ronza quieto il suo respiro

dove l’età si gela, ferma, nella morte.



***


Ci sono luoghi che non si dicono, la sera,

quando si sta nella minaccia

e ognuno sente che ci sono i morti,

gente vestita di una carne intoccabile,

nessuno racconta più una storia

ma solo confessare qualche colpa remota

è l’ora che i corpi si lasciano inchiodare

e stanno, crocifissi, davanti al più intoccabile

quello che chiamano Straniero e che è stato qui

tra noi che abbiamo case poco illuminate

e certe facce che non osano

guardare la penombra.

Di sera si cade in un colloquio,

dentro le voci del passato,

intorno a fuochi malsicuri,

luci che lasciano appena intravedere

la nostra malattia.



I figli


Perché non durano le madri

e i figli sono un transito muto

ponti, contrade che hanno solo vento,

i figli durano fino alle madri

e poi trascorrono, si scolorisce

in loro questa parola semplice,

la vita, nella penombra

dove saranno allontanati.

Perché si perde il viso delle madri,

il viso dura fino al cuore dei figli

dopo non batte, non respirano

hanno quell’invisibile nel cuore,

i figli.



***


La tua vita che dura, anche di notte,

quando domandi un briciolo di pane

e non respiri più,

il sangue incancellabile sui vetri

e una madre buona, laggiù,

nel gelo della lampada.



***


Sarò chi benedice

e non ha che la parola

abbandonata e nuda.

Il separato,

grano di questa casa,

figlio del muto sorvegliante.

Chi benedice porte e mura

e va nel rischio del suo dono.

Sarò ogni morto e ombra

dentro di me bruciando il sangue umano,

carne di luce estrema

finché dell’essere rimanga

la fiamma inestinguibile.



Destino


Pietà per l’angelo appartato

che piange le cose agonizzanti,

anima che perdoni

ecco le colpe immemoriali,

ecco la polvere e il ritratto

anima buona

pietà per l’ombra di questo cimitero,

per me che non conosco il sole

e in pieno giorno arranco

come di notte gli ubriachi.

Ecco il destino in questo calamaio,

leggo un decreto impronunciabile

nell’occhio stupito di una bestia.



***


È notte. La casa è muta,

addormentata in un freddo oblio

non dormo, penso che sei altrove

stretta in un altro amore

e l’orologio della chiesa

mi dice in un brivido tremante

di tutto il tempo che sarai lontana

ed io perduto nel freddo oblio

delle mie notti.

Ma poi, amore, ti accarezzo il viso

pochi lo sanno fare, così, come so farlo io

che tante volte ho carezzato un viso assente

e mentre ti parlo sfioro la tua bocca,

la mia mano raccoglie il tuo sorriso

lo deposita qui, nella mia notte,

sei tanto bella che il mio pianto è in festa.



***


Che ne sarà della mia vita?

Te lo domando, luce innominabile

lo chiedo a te, crepuscolo.

Sarò straniero, espulso,

mi accamperò dove non cresce nulla,

dov’è deserta perfino la memoria?

Mi resterà almeno un alloggio per il pianto,

dove serrarmi muto nei ricordi?

Ve lo domando, orbite vuote della notte.



***


Madre, per te venne acceso quel lume,

occorsero lumi per affrontare l’autunno,

tu eri rimasta un minuscolo scialle

franò la mia bocca accanto alla tua,

chiesi se avrai una dimora,

in quale stanza sarà la mia culla

rispose il mio cuore abbagliato di pianto

non bastò la parola che la notte ha nutrito,

nulla bastò a fronteggiare l’inverno.



***


Anche la malattia,

il male che di notte rode

e si deposita lento nella carne,

fiore che di letame abbaglia,

umido petalo di morte,

l’ombra che mi nasconde al mondo

e mi separa dalla vita,

anche la malattia sia benedetta.



***


Quante notti vegliavo a ripensare a te

e sentivo il tuo respiro passarmi accanto,

avrei voluto che tu fossi viva, anche insieme

al tavolo di noce, o vecchi tu e io, un lembo di mare

immobile e noi due eterni, come se avessimo vinto

vita e morte, davanti al mare aperto.



***


Piccola madre, quando sarai pura mente

e mi guarderai a distanza, ricordati di me,

lo sciancato, e passa come un velo

accanto al mio letto, piccola, grande madre

quando sarai nel Grande Vuoto pensa

a questo martirio ed alla Compassione

che mi porto dentro.

Roberto Carifi è nato a Pistoia nel 1948. Allievo di Piero Bigongiari, è poeta, traduttore, filosofo e critico letterario. Studioso e traduttore di Rilke e Trakl, da cui è stato influenzato, ha approfondito la conoscenza della filosofia francese e tedesca fino ad incontrare il pensiero buddhista, riconoscibile in filigrana nelle sue ultime raccolte poetiche. Ha inoltre studiato psicanalisi a Parigi, dove ha seguito le lezioni di Jacques Lacan, e a Milano. Dopo l’ictus che lo ha colpito nel 2004 e la dura prova della malattia negli anni successivi, la sua poesia ha ulteriormente approfondito le tematiche relative al dolore e alla collocazione dell’essere nel mondo. Due sono i temi principali della poetica di Carifi: il legame inestinguibile con la madre e quello con la città natale, Pistoia, temi che ricongiunge continuamente all’infanzia. Curatore per molti anni della rubrica «Per competenza» per la rivista «Poesia» edita da Crocetti, è autore di numerosi libri, che spaziano dalla poesia ai testi narrativi e alla saggistica. Fra le altre, restano imprescindibili le raccolte L’obbedienza (1986), Occidente (1990), Amore e destino (1993), Il Figlio (1995), Il gelo e la luce (2003), Nel ferro dei balocchi (2008). Un’ampia scelta delle sue poesie è ora fruibile grazie all’antologia Amorosa sempre. Poesie 1980-2018, edita da La Nave di Teseo nel 2018 a cura di Alba Donati e con prefazione di Giulio Ferroni.



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Poesie selezionate da Amorosa sempre. Poesie 1980-2018 (La Nave di Teseo, 2018)

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