NINA BERBEROVA
Poesie scelte
Primo frammento
Non può il cuore smettere di amare.
Imbrunisce il giorno, passano gli anni,
e il cuore continua la sua esistenza
e ascolta le stagioni e le acque.
Il cuore continua a vivere.
Così sulla piazza, del tutto
a sproposito continua a farci ridere
il mangiatore di spade coperto di ferite.
E il prestigiatore che
fiammeggia come una cometa
e ha la bocca bruciacchiata
rammenta a questo cuore che:
non ha la forza di smettere di amare,
vuole vivere, del tutto a sproposito,
è così fragile, così piccolo,
non respira ma trema,
e pare divenuto vecchissimo
per i naufragi e le offese,
i banchi di sabbia, i mari e le foci.
Ma il cuore continua a vivere:
non scricchiolerà sotto lo stivale,
non struggerà nel fuoco.
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***
In questa notte senza vento oppure
in questi due tranquilli giorni d’inverno,
mentre io e te non parlavamo
la mia vita si è riempita di stelle piano piano.
Intanto sotto la coperta ruvida della slitta
pensavo allora a un ragazzo,
il mio palmo gelava sotto il guanto
e le redini si imbrogliavano.
E ora guardo: nell’arco sotto i sonagli
di nuovo sussulta la terra
e i nudi campi ineguali corrono
verso di me, lembi fruscianti.
Pietroburgo, 1921
Cinque Gennaio
Con una candela accenderà mio padre
durante la cena le candele ai nostri posti,
saranno inconsueti i discorsi
e il riso, e il pesce, e il vino.
La mia radiosa festa alla vigilia dell’Epifania,
il mio secondo Natale –
non conosco resistenza
all’agitarsi del mio cuore.
Pietroburgo, 1921
P.P.M.
Prima del triste e difficile addio
non dire che non ci sarà altro incontro.
Ho il dono segreto e strano
di farmi da te ricordare.
In un altro paese, nell’esilio lontano,
un tempo, quando verrà il tempo,
ti ripeterò con un’unica allusione,
un verso, un moto della penna.
E tu leggi come il pensiero mi ha ridato
e le tue parole di un tempo e l’ombra,
guarda di lontano come ho trasfigurati
questo giorno o quello appena trascorso.
Quale altro incontro vuoi per noi?
Con un unico verso ti restituisco
i tuoi passi, inchini, sguardi, parole –
di più da te non mi è dato.
Berlino, 1923
***
Mettere ai tuoi nudi piedi tutto questo mondo terribile
dove il cantante di strada col cappello teso ci evita,
dove angeli con impermeabili consunti e laceri
vagano lungo i marciapiedi sotto una pioggia funebre.
Sotto una pioggia funebre, sulle pietre della città,
mettere la legge di tutte le leggi e il segreto della creazione,
tutto questo assurdo mondo pieno di luci artificiali,
dove tu e io viviamo bisbigliando i nostri desideri.
Sono sola al mondo e non c’è un’altra me,
sei solo al mondo e non c’è un altro te,
e in noi c’è un amore unico, amico mio caro,
fino alla morte, fino alla fine. E poi ancora dopo la morte.
1926
***
Per me questa sera è troppo chiara,
per me questo vento è troppo silenzioso,
bellissimo è solo l’orizzonte:
confine di vive acque lontane.
Come una cucitura tra due teli
è troppo eterno, troppo diritto,
è parte di configurazioni universali
che non ci è dato smembrare.
La stessa linea diritta
unisce il tuo chiaro sguardo
alla luna che sorge sulle acque,
alla stella sul crinale delle montagne.
E forse ancora non sappiamo
come irrevocabili si innalzino
qui dalla terra verticali
e a quelle altezze ci conducano.
Cannes, 1927
***
La beatitudine divenga pure dolore,
l’amore diventi tradimento,
della schiuma spruzzata sulla riva
solo il sale resti sulle pietre.
E sulla croce dell’amata tomba,
dove rodono i vermi i morti occhi,
sacrilega passi più di una volta la tempesta,
turbando il cadavere con la sua forza notturna.
E sia. Ma la vita voleva essere
grandiosa, femminea e limpida,
e non posso rassegnarmi e dimenticare
la sua alba profetica e bellissima.
Parigi, 1930
D.K.
Per la vita perduta volevo amare,
per la vita perduta mi è impossibile amare.
Puoi dimenticare molte cose, puoi perdonare molte cose,
ma non devi inchinarti davanti a ciò che nulla vale.
Non da facili successi nasce questo mio orgoglio,
per la felicità della quiete ho pagato non poco:
ché nessuno mai mi ha detto – non piangere,
e perdono non l’ho ancora detto a nessuno.
Al suono del flauto danza il serpente sul bastone,
una dopo l’altra cadono cieche le spighe...
Solitudine, è regale il tuo incedere,
indocilità, è alta la tua voce spietata!
1933
Nina Berberova (San Pietroburgo 1901 – Philadelphia 1993) esordì come poeta giovanissima, quando ancora viveva in Russia. Emigrata prima a Berlino nel 1922, poi a Parigi nel 1923 insieme a Vladislav Chodasevič – uno dei maggiori poeti russi del Novecento –, continuò a coltivare la poesia, pubblicando però quasi esclusivamente saggi, romanzi e racconti. Solo ottantenne, dopo i riconoscimenti ottenuti dal volume di memorie Il corsivo è mio, decise di raccogliere in volume una scelta delle sue liriche composte fra il 1921 e il 1983, molte inedite, altre apparse nelle riviste russe dell’emigrazione tra gli anni Venti e i Sessanta.
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Testi selezionati da Antologia personale. Poesie 1921- 1933 (trad. di M. Calusio, Passigli, 2004)