FUAD RIFKA
Poesie scelte
L’ultima parola
Dici:
«Ho sprecato così la primavera
e il raccolto di tutta la mia estate,
ho sprecato il mio autunno
e infine anche il mio inverno,
e dappertutto in ogni valle
si è sparsa la mia vita.»
Dici:
«Riprenderò le mie sembianze e partirò,
sperando di trovare, sui monti più lontani,
il soffio di un vento nuovo.»
E poi ti muovi per metterti in cammino
per ogni terra e meta,
per chissà quale abisso,
e quando è troppo tardi ormai
ti appare con chiarezza
che resterà lontana
la montagna che vedi in lontananza,
e che la via che porta fino a lì
passa tra fiamme e fuoco.
La capanna del sufi
1.
Tra questi monti
vive da più di trenta autunni,
con gli sparvieri e con le aquile.
Suo cappello sono il sole e il vento,
i suoi capelli sono le nuvole,
e la sua pancia
nido di falchi.
Sta seduto immobile,
in un posto coperto tutto di muschio.
Mai stanco di stare lì seduto
resta in silenzio.
Due pietre: lui e la roccia.
La capanna del sufi
2.
Dal sorgere del giorno
ama la poesia e resta lì da solo.
Per quarant’anni dentro la capanna,
pregando e digiunando
e salmodiando i cantici.
Poi, maturato,
i suoi occhi vedono la luce
ed eccolo poeta:
dimenticando la poesia.
Percorso
Nella nostra infanzia
apriamo la porta e dormiamo
come riposa la preghiera
tra le foglie di Dio.
A mezzogiorno
chiudiamo la porta e poi partiamo
nei venti rossi di sabbia, dentro la bufera,
dietro alle tracce del diluvio e del miraggio.
La sera infine
l’ombra si accorcia e si cancella
come un giorno d’estate nel cuore dell’inverno.
Se
Se noi fossimo pietre,
e se la terra fosse una caverna
che ci protegge da ogni migrazione,
se noi fossimo un’ostrica
dentro le alghe del mare! Ma
noi siamo, invece, una ferita,
e siamo dei torrenti
senza letto e foce,
siamo campane al transito del tempo.
Fossimo senza ricordi, come una roccia,
noi ci potremmo riposare,
ma siamo spazio, segno
e sopra l’orizzonte fumo e vento.
Hölderlin
Dalle rive del Reno ascolto i passi
di voi, compagni, che portate
l’alloro della crocifissione: per voi io costruisco
le torri che accolgono la folgore e
danno alle guardie il segnale
che arriva il notturno pellegrino
carico delle feste dell’anno.
E, come loro, anche noi siamo in attesa
sul ponte della notte e, in cerca della strada,
componiamo per le labbra degli altri
canzoni di conforto, di amore e di avventura.
Arriva all’improvviso,
quest’ospite divino e
poi va via dietro una curva ignota.
Segno
La sua poesia col tempo
si consuma,
diventa mormorio,
traccia e segno...
e, nelle vene dell’alloro,
soffio di vento.
L’uccello del cardo e la ciotola della sorgente
leggono quel segno.
Definizione
È un’ombra la poesia:
l’ombra di nuvole sui monti,
l’ombra del fumo sulle braci del bosco,
l’ombra di uno sparviero sulla roccia,
l’ombra di un tralcio della vite,
l’ombra della panchina nel giardino vuoto,
l’ombra di foglie tremolanti
e nel ricordo, come una piaga rosa,
l’ombra di un amore che non torna.
Saggezza
Da tanto tempo ha ormai dimenticato la lettura
ed ha dimenticato anche il sapere,
parole, logica, filosofie,
la sottrazione, l’addizione e ogni altro calcolo.
Nel sole e nella pioggia
intrappola il suo corpo,
la sera poi
diventa frutto
e fiore.
Scrittura
Sopra la terra
il frutto, giunto al punto
di essere maturo,
è felice di cadere.
Proprio come sulla carta la poesia:
si accosta dolcemente,
si appropria della penna,
si imprime sopra il foglio
e poi scompare.
Fuad Rifka è nato nel 1930 in un piccolo villaggio della Siria, ma è emigrato in giovane età a Beirut, dove è vissuto come cittadino libanese, e dove è morto nel 2011. Grande conoscitore della poesia tedesca, ha tradotto in arabo tra gli altri Goethe, Novalis, Hölderlin, Rilke, Trakl. È stato professore emerito di filosofia alla Lebanese American University di Beirut. Le sue raccolte sono state tradotte in diverse lingue.
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Testi selezionati da L’ultima parola sul pane (a cura di R. Abis, F. Mancinelli, AnimaMundi, 2022)