ALEKSANDR BLOK
Poesie scelte
***
Te ne vai nelle tenebre scarlatte,
in cerchi senza fine.
ho udita un’economia sottile,
un’economia di passi lontani.
Mi sei daccanto oppure in lontananza
ti sei smarrita nell’alto dei cieli?
Devo aspettarti o non avrò improvvisi
incontri in questo sonoro silenzio?
Nel silenzio risuonano più forte
i passi lontani,
sei tu forse che chiudi, fiammeggiando,
i cerchi senza fine?
Finestre sul cortile
Una sola speranza mi è rimasta:
rispecchiarmi nel pozzo del cortile.
Fa giorno. Biancheggia un vestito
nella luce diffusa del mattino.
Io sento che antichi discorsi
si sono svegliati nel fondo.
Vi bruciano gialle candele,
obliate in qualche finestra.
Una gatta affamata si stringe
alla gronda dei tetti mattutini.
Non mi è rimasto che rompere in pianto
e ascoltare il tuo placido sonno.
Tu dormi, e per strada è silenzio,
ed io mi struggo d’angoscia,
e il Male affamato, funesto
picchia tenace alle tempie...
Ehi, ragazzo, alza gli occhi alla finestra!...
Ma no, tu passerai senza guardarmi...
Del tutto a un sole invernale,
a uno stupido sole invernale io rassomiglio.
***
In questi gialli giorni tra le case
noi ci incontriamo solo per un attimo.
Tu mi bruci con gli occhi e ti nascondi
in una scura viuzza senza uscita...
Non per nulla in me susciti vampate
col silenzioso incendio dei tuoi occhi,
non per nulla io mi piego di nascosto
dinanzi a te, menzogna silenziosa!
Ci getteranno le notti invernale
forse in un folle e indemoniato ballo,
ed alla fine si distruggerà
il tagliente tuo sguardo, tuo pugnale!
***
Il vento irromperà, urlerà la neve,
sorgerà nella mente per un attimo
quella contrada, la remota sponda...
Ma il fiore è vizzo, langue tra la neve...
E frusciano come erba secca
i miei vecchi mali… Ed è notte.
E nella notte per un’erba viottola
scendo in un bàratro avvolto di neve...
Notte, bosco e neve. Ed io trascino
il peso odioso dei ricordi... A un tratto
una minuscola casetta nella radura,
e una fanciulla che canta nel bosco.
***
Notte, strada, fanale, farmacia,
una luce assurda ed appannata.
Pur se ancora vivrai venticinque anni –
sarà sempre così. Non c’è rimedio.
Tu morirai – comincerai di nuovo,
e tutto riaccadrà come una volta:
gelido incresparsi del canale,
notte, farmacia, strada, fanale.
Per Anna Achmatova
«La bellezza è tremenda», – Vi diranno –
e Voi getterete pigramente
lo scialletto spagnuolo sulle spalle,
con una rossa rosa fra i capelli.
«Semplice è la bellezza», – Vi diranno –
e Voi con lo scialletto variopinto
coprirete malpratica un bambino.
Scivolerà la rossa rosa a terra.
Ma, ascoltando distrattamente tutte
le parole che suonano all’interno,
malinconia Voi rifletterete,
ripetendo da sola sottovoce:
«Io non sono terribile né semplice;
e non così terribile, da uccidere
semplicemente; e neanche così semplice,
da ignorare l’orrore della vita».
***
Io sono Amleto. Si raggela il sangue,
quando l’astuzia intreccia le sue reti,
mentre nel cuore il primo amore è vivo,
vivo per l’unica creatura al mondo.
Il freddo della vita ti ha portato,
Ofelia mia, lontano, ed io perisco,
principe, nella contrada nativa,
trafitto da una lama avvelenata.
***
Mutò tutto in burla dapprima,
capì – si mise a rimbrottarmi,
tentennava la testa leggiadra,
cominciò ad asciugarsi le lacrime.
Dimenticato tutto all’improvviso,
rideva, stuzzicandomi coi denti.
A un tratto ricordò – ruppe in singhiozzi,
disseminando di forcine il tavolo.
Si fece scura, si avviò, si volse,
tornò in dietro, aspettava qualcosa,
malediceva, mi voltò le spalle,
e se ne è andata forse per sempre...
Ebbene, è tempo di riprendere il lavoro,
il lavoro consueto. Ma è possibile
che la vita abbia smesso di frusciare,
di frusciare come la sua veste?
***
È terribile il freddo delle sere,
il loro vento che batte angoscioso,
il febbrile frusciare sulla strada
di passi inesistenti.
La fredda linea del crepuscolo
è come il ricordo d’un male recente
e il segno certo che noi siamo dentro
un cerchio non aperto.
Aleksandr Aleksandrovič Blok (Pietroburgo 1880 – ivi 1921) trascorse l’infanzia e l’adolescenza con la madre e la famiglia materna; a Mosca ebbe rapporti di amicizia con Sergej Solov’ëv, nipote di Vladimir, e con i due poeti simbolisti, di lui più anziani, Vjačeslav Ivanov e Andrej Belyj. Nel 1909 visitò la Germania, la Francia e l’Italia; della rivoluzione del 1917, cui aderì con entusiasmo, ebbe una visione soprattutto mistico-patriottica. Caratteristica principale della sua poesia, eminentemente lirica, è una profonda e talvolta esasperante sincerità che lo porta da un iniziale simbolismo mistico a un allucinante realismo, la cui intonazione cosmica non è priva, a sua volta, di significati allegorici. Nella sua opera è sempre presente un senso d’intima fratellanza con tutti gli uomini e un carattere divinatorio che nei poemetti rivoluzionarî assurge ad accenti apocalittici.