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Tutto il bene che abbiamo
vorrei che placasse
ciò che rimane ingiusto.
Il dimenarsi nella pozzanghera
di un animale morente,
la menzogna e un vicolo buio,
l’età che avanza nei tuoi cari,
i neon freddi delle attese,
l’urina che puzza di farmaci.
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C’è assenza di gravità
in noi, nelle cose:
siamo leggeri e nulla può angustiarci.
C’è assenza di gravità qui
nei passi, nel petto.
Per questo ti osserviamo tutti
sognanti in piena notte
ai piedi del cosmo.
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Mi avresti cercata o saresti
rimasto ancora a lungo
negli ecospazi a noi concessi?
Abbiamo fugato la sorte
di addormentarci senza più risveglio
tra decine di miliardi di steli
sullo sconforto di questo suolo.
Cinquant’anni soltanto
per morire o scomparire
in camere asettiche o lontano
su stazioni rischiarate da sole notti.
Ci hanno iniettato la diffidenza
il terrore dell’altro,
la solitudine come rimedio.
Dimmi,
come abbiamo resistito
a tutto questo?

Marco Esposito (Bari, 1977) opera nello spettacolo in qualità di tecnico del suono, musicista e autore. Ha sempre scritto versi, soprattutto correlati al suo percorso musicale. Prima di spegnersi (Eretica, 2020) è la sua prima raccolta di poesie.
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Fotografia © Miguel Rio Branco
05/02/2021
