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***


L’elica sembra si stacchi

pende una falce sulla schiena dei vagoni

come buoi stesi a riposare.


Dall’alto l’aria è immobile,

un muro di fatica sulle spalle degli operai,

se troppo duole il morso e i piedi hanno

sandali di ferragli inutile.


Sfatti si lasciano prendere dal sonno

è una nenia la pala che rotea lontana,

non fa rumore, e il vento è un odore

che sfama i cani.



***


Il lungo sottopasso inghiotte alghe e ossa,

è un ventre vuoto dove la notte si accendono braci

tiepidi nidi di lucciole stretti ai bordi cementati.


Avvinti restano i figli alle nocche lisce,

nodi di funi alle barche, l’odore del sale assente

in quartieri così lontani dove l’eco livido

copre la miseria degli arti.



***


La pelle è il ritratto delle stagioni,

l’estate ci dimentica, soffoca le telline

sotto piedi avidi a ripa di mare.


Fa male essere bambini,

usare maschere vedere l’abisso

e poi emergere come esseri umani.


Il tempo porta l’eco delle risa a riva,

comanda alle mani invecchiate dall’acqua

di sciogliere col sale le nostre squame.



***


Estranea langue la palude,

il ventre di una madre sfatta

un bolo nativo sotto i cannizzi.


Della città amiamo gli argini, amiamo i fossi,

acque che non vanno da nessuna parte e da nessuna

parte ci strappano.

Mara Venuto (1978) è nata a Taranto, ma vive a Ostuni. Tra le sue pubblicazioni: i monologhi teatrali Leggimi nei pensieri (Cicorivolta, 2008) e The Monster (Edit@, 2015 – finalista al Mario Fratti Award di New York); le raccolte poetiche Gli impermeabili (Edit@, 2016), Questa polvere la sparge il vento (Edit@, 2019) e La lingua della città (Delta 3, 2021). Ha curato numerosi volumi, tra cui un ciclo di pubblicazioni al femminile. Sue poesie sono state tradotte in polacco, inglese, russo e albanese. È inclusa in una trilogia di monografie dedicate alla poesia italiana femminile contemporanea (Macabor, 2017).



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Fotografia © Martin Parr


24/12/2021

Nuovi versi

POESIE DA
“LA LINGUA DELLA CITTÀ”
DI MARA VENUTO

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