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io rendo polvere alla pietra.
Così fa il mare; così dona
vertigine la terra.
luce sommersa, che sempre
trascolora: e tu, cui un’onda chiara
levigò il respiro, tra i flutti
ancora non lo vedi?
È questa fissità, lo sai,
che più non può tardare
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questo volo, che io so.
Questa voce non più
terrena, che io disperdo,
che tu trattieni.
Che il mondo è mondo,
la terra è terra,
e noi destino.
Sempre un andare,
un respirare accanto.
Questo buio, che io so:
lui non sa dei nostri occhi
***
Allievi di molto morire
– nostra unica sapienza –
a volte sembriamo rocce
intente a risalire il fiume
dell’estate.
Ma non siamo come i semi
che sprofondano e poi
s’inverano fedeli apparizioni,
non abbiamo (siate chiare,
mie parole) questa costanza
del ritorno.
Aurora di ogni vigilia,
sposa a lungo cercata
tra le tenebre, rompere
un vaso e poi indovinarne
la forma – sarà questo,
scendere nel buio.
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Contale una ad una,
annovera le piaghe,
le tacche incise sul legno:
ma non credere che il sangue
in terra si purifichi,
che renda fertile
un campo inaridito.
Lungo una corda
tesa, a tentoni,
non sperare nell’abisso.
Flavio Ferraro è nato a Roma nel 1984. Poeta, saggista e studioso di dottrine metafisiche, scrive articoli per diverse testate online. Tra le sue opere: Sulla soglia oscura (La Camera Verde, 2010); Da un estremo margine (La Camera Verde, 2012); La direzione del tramonto (Oèdipus, 2013); La luce immutabile (La Camera Verde, 2019); La malvagità del bene. Il progressismo e la parodia della Tradizione (Irfan edizioni, 2019); Il silenzio degli oracoli (Poesie 2009-2016) (L’arcolaio, 2021). La sua traduzione delle Odi di John Keats è stata pubblicata da Delta 3 edizioni.
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Fotografia © Lisa Tomasetti
08/07/2022