Inediti
ROBERTO PORTAS
EMMAUS
Fianchi sfregati da bisacce,
taverna additata dal temporale
anche la parola viandante
è infangata: da poesie.
Stoffa tra pane e legno
non s’intromette,
nel cavo delle mani
luce affonda,
dell’orlo di un bicchiere
traccia il cerchio una mosca.
L’avambraccio dell’oste si ritira
nella nebbia del cibo il lampo
del cenno impercettibile,
unghia, polpastrello nel sisma
d’un battito di ciglia di nuovo
la disperazione: oro.
LUNGOSENNA PAUL CELAN 30
Di strappi s’ingioiella
colei che non risponde
a chi la chiama ‘Vita’.
Celan sta male.
Irreversibilmente trivella
la stampa, nei caratteri
mobili, di più, for-
Sennati dei punti di domanda.
L’ignoto, solo editore.
Afferrato il lasciare,
seminate le mani,
assunta la non-piega,
a sé – mesciuto –
mesciuta l’opera,
colui che non risponde
a chi lo chiama
‘Paul’ sta bene.
***
a Jan Patočka
Né morte avremo che il cuore ci laceri
nel centro figlio di periferie
che ci calza come attillata crisalide.
Giorni feriali anche oltre il respiro,
di tra il temporeggiare degli specchi
anche il ricordo di noi ci sballotterà.
Tremanti d’un’ubriaca àncora
insatura d’ancóra,
anche la nostra fioca
eco starà, capovolta,
sullo strabico Fronte.
Roberto Portas vive a Cagliari, dove è nato nel 1961. Ha scritto molto e pubblicato poco.
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Fotografia © Nadav Kander
29/03/2023