Inediti
MARCO ALBÉ
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appena ci svegliamo la poesia
ci soffia i morti tra i capelli, tutto
il giorno ce li innalza ai bordi
delle strade (e sappiamo bene
quanto possano crescere) finché
(dove come navate ce li addensa
in più bocca e più sangue) le cadiamo
per sempre tra le braccia, noi
e loro sotto l’unica coperta
ILIADE XIII
al mio turno vigilavo sulla doppia torre
e mi abbagliavano gli occhi della figlia del re
(rose all’ora del telegiornale)
la sarcastica, l’avventata, la mesta:
lenirne la tristezza per me avrebbe valso
riscattare tutti i caduti e la città –
la sera lì sotto passavano
i morti ricondotti entro le mura
e quando lei li guardava
anche a loro i bastioni sembravano
uno scafo disposto a salpare
e un mare tranquillo li portava sull’onda
lieve dei cipressi e degli oleandri
SCRIVERE VERSI
è una periferia a metà del secolo
proprio quando la notte raduna
le sue carte con un’alzata di spalle
e prima di andare via dà
un’occhiata in giro: alcuni salgono
in terrazzo a vedere l’alba
e con un poco di fortuna colgono
un lampo della bionda separata
alla finestra (quarto piano di fronte)
e altri che hanno vagato assetati
ora scivolando indistinguibili
dalle ombre angolose si affrettano
alla cripta prima che sorga il sole
Marco Albé, nato a Legnano nel 1964, vive a Sesto S. Giovanni. Si occupa di ricerca matematica. In ambito letterario collabora con le Edizioni del Foglio Clandestino.
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Fotografia © Simon Norfolk
10/12/2021