
Inediti
CLAUDIO MEZZINA
***
Se si rendesse necessaria
una lista-movimenti,
un ingrato compito di conti
che a qualcuno pur dovrà toccare,
potremmo dire nella vertigine
del moto sinusoidale
che il diametro del crepaccio
è l’esatto spazio che ci separa
da questo bordo d’argento.
E solo misurando potremmo liberarci.
Se fossimo forzati a considerare
le ricchezze al di qua dell’altro
cui costantemente un moto animale
ci sospinge, cecità la farebbe da padrona
e paraplegia sarebbe il nostro cognome.
Invece, ogni tanto, dovremmo
dovremmo permettere al lanternino
d’irradiare dall’alto questa camera
in penombra,
e potremmo a seguire constatare
che il dito non è tolto al dito,
che non esita la testa a poggiarsi
sulla prossima tempia e che
mille galeoni traffichini
mai potranno pareggiare il valore
del poco.
Sì, è vero, nulla è risolto
ma qui, ma ora la morte m’intimorisce
di meno;
la morte inesorabile che, presto o tardi,
tutti assolve o condanna.
***
Giacché ho fatto tutto quel che
c’era da fare, peccati compresi
lasciatemi stare.
Mi piacerebbe riposare questa stanza
salutare con garbo il postino,
star qui sul primo gradino
sguardante.
Evitare il baccaglio, il pudore
far l’amore a tutte le ore
sigaretta librino caffè:
lacchè dei somari
visione ch’al povero spare
colpo di cannone in mare.
***
Credo sia il caso di dircelo:
alcuna speranza è contemplata
per chi, a tentoni, stentando consuma
i propri denti nel tizzone che brilla.
Attizzano gli sforzi minimi
(per carità del signore,
validi!)
le maniche lunghe, le maniche
larghe, le maniche di palmi che
non sudano stringendosi,
palmi che suggono, palmi
da palmizio sulla crapa.
Lo stress del patrizio. Lo vedi?
Quelli godono, gli eredi (degni eredi) degli
eredi che possono radiarti anche se
irradî, soprattutto se irridi i loro buffi
monocoli opachi, le loro giacchette
orientali intessute, con galloni
da galline.
Qui, (purtroppo?), c’è chi s’ama
di nascosto, c’è chi sposa
cause perse, chi scialacqua
l’ossessione, sì, chi spende
il tempo in niente.
Bisogna dirselo costantemente
spostando l’organza che vela
questo vero putrescente.
Ci sono almeno due mondi:
uno per i quadri, dipinti
uno per i morti, candidi, tondi.
Claudio Mezzina è nato a Terlizzi (BA) nel 1998. Dottore in Lettere e laureando in Filologia moderna, collabora con «La Gazzetta del Mezzogiorno».
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Fotografia © Giovanni Chiaramonte
30/04/2025