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Fuoricampo
“LA CARNE MORTA RIVIVE”.
PER IVANO FERRARI
di Antonio Bux
Si è spento a seguito di una lunga malattia, all’età di settantaquattro anni, Ivano Ferrari. Nato a Mantova nel 1948, era considerato uno dei poeti più significativi della sua generazione. Molto appartato e schivo, dopo aver pubblicato A forma d’errore per l’editore Forum nel 1986, è stato incluso nell’antologia Nuovi poeti italiani 4 (Einaudi, 1997) prima di dare alle stampe La franca sostanza del degrado (Einaudi, 1999), Rosso epistassi (Effigie, 2008), La morte moglie (Einaudi, 2013 – Premio Pascoli 2014), ma soprattutto Macello (Einaudi, 2004), libro che lo ha definitivamente consacrato al pubblico della poesia e dove l’autore ha testimoniato la propria personale esperienza vissuta lavorando in un mattatoio: «lì dentro dovevo pulire, fare in modo che tutto diventasse asettico e che le scene di morte selvaggia che si accumulavano venissero cancellate da un getto d’acqua bollente. All’interno di questo concetto così profondo e netto di pulizia, la scrittura era un modo di conservare la pesantezza». La sua lingua sempre netta, asciutta, sincopata, ha rappresentato dunque la realtà con crudezza, senza mai facili compiacimenti, parlando piuttosto da un luogo sotterrato della perdita e del dolore con un occhio disincantato ma non per questo poco profondo, giacché la sua scrittura da vasaio ha cesellato con perizia il disastro umano fino a renderlo quasi, per paradosso, più umano di quanto forse effettivamente meriti di essere. Proponiamo di seguito alcuni testi per ricordarne la voce.
***
È fuggito un toro nero
erra sul cavalcavia
impaurendo il traffico,
lo ricorriamo
impugnando coltelli
bastoni elettrici e birre
corre si ferma torna
arrivano i carabinieri coi mitra,
ora è steso su un velo d’erba
e sussurra qualcosa alle mosche.
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Oggi la morte è materna
vitellini impestati dall’afta
le corrono incontro affettuosi.
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Tra il fecaio
e l’inceneritore
crescono dei fiori
margherite evacuate dalla terra
soffioni che sembrano sputi
papaveri notevolmente pallidi.
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Sventrate intere famiglie
oggi
lunedì di intensa macellazione.
Una vacca ha partorito un vitello
negli occhi la paura di nascere
il foro in mezzo il nostro contributo
a tranquillizzarlo.
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Nuvole che scoppiano
come tane malscavate
borchiano la città
con gocce nere
cremato un agnello da esperimento
fetore di cielo.
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A qualche centinaio di metri
passata la forma fresca del prato
e dopo case dagli occhi spenti
si trova il cimitero degli umani
dove c’è carne che non sfama.
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Niente addobbi viola
le croci coperte dalle tute sporche
l’incenso deodora altre chiese,
non bruciano candele
solo grasso di cavalli col carbonchio
eppure la santità del sacrificio
avvolge ogni spazio del carnaio
muscoli domati, nervi di scarto
certamente troppo per un dio
con la puzza al naso.
***
La carne morta rivive
nella sua grande miseria
col vento che riporta gli odori
ad un ordine sparso.
La carne morta è ricamata
da quelle sinuose presenze
che gli altri chiamano larve.
28/04/2022