***
La mia nascita fu opera di un male
orfano di padre: la brutale
infermità che mi diede posa,
le insegnò presto che la vita
è poca cosa, e non conosce cura,
e se livida gli occhi e ti ammala,
il suo bacio esige sutura.
Per dieci anni non ebbi viso,
coprii la vergogna di altre
mani – inverai grazie a un solo
fiordaliso.
La mia nascita fu poca cosa,
ancor più la mia vita:
venni al mondo muto d’amore.
***
E neanche l’inciampo, la vertigine.
Lo spavento venne dopo. L’adesso.
La vita fu così lenta da non farsi sentire.
E il mondo splendeva nella mia assenza.
E io splendevo nell’assenza del mondo.
***
Nei loro corpi simili a dèi
sognanti dal grazioso disegno
li sottrae – per quel poco che
a chi muore pare un brevissimo
eterno – la lingua splendida
che tramonta adolescendo.
***
E il mio cuore un disegno
femmineo disertato – l’alito
dei roseti sulla verginità
semiaperta dei vent’anni.
***
Poco si adempie in questo
mio corpo magro costato
impoverito ai suoi bordi
un tratto disumano incede
le righe adolescenti il fianco
ritrae la sua curva – la creatura
increata si abbraccia per crearsi –
sul cuore sul diaframma sui capelli
castani sul limine della disgrazia
che non si muoia domani.

Riccardo Delfino, nato nel 2000, studia Filosofia presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Il sorriso adolescente dei morti (RP Libri, 2021) è il suo libro d’esordio.
*
Fotografia © Federico Sciuca
17/12/2021
